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Dopo la sua prematura scomparsa, il 21 marzo, quattro giorni fa, ad appena 60 anni (era nato a Barletta il 28 giugno 1952), Pietro Paolo Mennea è stato giustamente ricordato come campione eccelso – il più grande nella storia dell’atletica italiana: campione olimpico (1980) e detentore del primato mondiale dei 200 metri piani dal 1979 al 1996 (con il tempo di 19"72, attuale record europeo) – e come persona di eccezionale statura morale.
Livio Berruti, medaglia d'oro nei 200 metri alle Olimpiadi di Roma 1960, lo ha ricordato così: «Scompare un asceta dello sport, interpretato sempre con ferocia, volontà, determinazione. Mennea è stato un inno alla resistenza, alla tenacia e alla sofferenza”.
Dopo l’omaggio che lo Sport italiano ha rivolto alla sua salma, e dopo i funerali, credo doveroso ricordarlo anche su questa testata.
Di lui avevo molto sentito parlare dal suo mentore il professor Carlo Vittori, per anni docente dello Scuola dello Sport del CONI, a Roma, ed anche docente ai Corsi per Allenatori della FIN, da me frequentati, all’Acqua Acetosa, alla fine degli anni sessanta-inizio anni settanta. Vittori affascinava per la bravura, la sapienza e la passione con cui spiegava e dimostrava certi esercizi che egli faceva fare al suo allievo per allenarne la forza esplosiva.
Negli anni successivi ne seguii alla televisione, con ammirazione, le imprese mondiali e olimpiche. Mennea era la sublimazione dello sport pulito, dello sport allo stato puro. I media si occupavano di lui soltanto per raccontare le sue imprese. Non certo per i gossip, i tatuaggi, i talk show. Inesistenti. Si dirà: altri tempi. Certo. Ma anche una diversa percezione del senso della vita e dello sport.
Lo conobbi di persona nei primi anni duemila. Venne a Verona un paio di volte, per presentare due suoi libri: testimonianze del suo impegno e della sua lotta contro il doping, una delle grandi battaglie della sua vita dopo il ritiro dall’agonismo.
Era una persona di cultura, e non a caso aveva conseguito quattro lauree. Era educato, schivo ma determinato. Sembrava anche un po’ malinconico. Non sorrideva quasi mai, e poteva apparire un po’ antipatico. Forse era solo un po’ timido.
Per capire meglio chi era Mennea si può andare sul suo sito http://www.pietromennea.it/ . Ci si rende conto che di libri ne ha scritti addirittura 23. Amava mettere le sue idee nero su bianco, senza temere di apparire, di essere, scomodo: in modo non dissimile da quello di altri grandi campioni. Non dissimile, ad esempio, da quello di Novella Calligaris, che vinse un titolo mondiale, con record del mondo, e tre medaglie olimpiche.
Nel suo primo libro, del 1986, “Come devi allenarti”, Mennea tratta dell'allenamento dal punto di vista, il suo, di chi è diventato campione grazie al lavoro metodico, costante, e grazie ai sacrifici. Durante la sua lunga carriera Mennea ha visto numerosi talenti enormi inespressi, o espressi solo parzialmente, proprio per difetto di allenamento o programmazione agonistica sbagliata o mancanza di volontà: atleti che avrebbero potuto raggiungere i vertici dello sport e che invece sono repentinamente crollati, abbandonando i raduni, rallentando il ritmo, rassegnandosi ad altri destini perché non riuscivano ad affrontare il sacrificio. Il volume è la sintesi della carriera agonistica di Mennea, che di ogni suo allenamento e di ogni sua gara ha tenuto un preziosissimo diario segreto.
Il volume “Il Doping nello Sport” , a lui molto caro, è del 2007. Constato come la piaga del doping sia dilagata a partire dai primi anni ottanta, mietendo vittime tanto i professionisti quanto fra i dilettanti, Mennea ha scritto questo libro per contribuire a formare una cultura che condanni e scoraggi l'utilizzo delle sostanze “dopanti” nel mondo dello sport.
Il libro “19"72 Il Record di un Altro Tempo”, pubblicato nel 2008, è una rievocazione autobiografica della sua inimitabile carriera. Pietro Mennea voleva essere veloce. Prima ha sfidato il vento, poi gli avversari, poi solo se stesso. Ed è riuscito a diventare il più grande atleta italiano di tutti i tempi.
Ha corso da protagonista sulla scena mondiale per circa 20 anni in oltre 500 gare, ha partecipato a 5 Olimpiadi, battuto 2 primati mondiali, 8 primati europei, 33 record nazionali. Ma Pietro voleva essere il più veloce: nel 1979 a Mexico City, vola sui 200 metri piani in 19”72, nuovo record del mondo, rimasto imbattuto per 6.018 giorni, oltre 16 anni. Ancora oggi nessuno è riuscito ad essere più veloce di Pietro Mennea, in Italia e in Europa.
Ne “Le Olimpiadi di Pechino - I Giochi che non avete visto” , del 2009, Mennea ha accusato il CIO di avere sbagliato nell'assegnare i Giochi Olimpici 2008 a Pechino, e alla Cina, Paese in cui sono poco tutelati i diritti umani, civili, la libertà di culto, di espressione e i principi di giustizia e di democrazia.
Due i libri pubblicati nel 2012, entrambi firmati anche da Andrea Menarini. In “Inseguendo Bolt - lungo un percorso che conosco” Mennea analizza il fenomeno della velocità Usain Bolt dal punto di vista di chi è già passato dallo stesso percorso in termini di allenamenti, infortuni, pressione mediatica, polemiche, sfide, successi e sconfitte, e solitudine. Entrambi hanno dominato le rispettive epoche, aprendo una strada totalmente nuova nei metodi di allenamento o imponendo consapevolmente un ruolo del campione sportivo che non si esaurisce nel primato.
L’ultima sua opera s’intitola “La corsa non finisce mai” . E’ un autobiografia. Mennea racconta la sua vita, quella leggendaria sulle piste d'atletica e quella per certi versi ancora più significativa trascorsa fino alla sua scomparsa tra l'Università, come studente prima (quattro lauree) e come docente poi, al Parlamento Europeo (una Legislatura), nell'ambito della Professione di Avvocato e Dottore Commercialista e nell'impegno filantropico in qualità di co-Fondatore e Presidente della Fondazione che porta il suo nome.
Mennea era critico anche verso il CONI che avrebbe voluto meno politicizzato e non in simbiosi con la politica, di cui a volte replica gli stessi sistemi di gestione del potere. Sarebbe bello che questo suo messaggio venisse raccolto dal nuova gestione che fa capo a Giovanni Malagò