Tecnica del Nuoto.
Clicca qui
Federica Pellegrini, nickname Fede (in copertina ai Mondiali di Shanghai 2011 - Foto di Giorgio Scala/Deepbluemedia.eu), ha compiuto 30 anni il 5 agosto e ha festeggerà il compleanno a Glasgow, durante i Campionati Europei. Fede vanta una carriera lunghissima e costellata da tanti successi, e qualche delusione. Durante i 3 lustri di attività internazionale – dal 2003, anno del suo esordio in Nazionale ai Mondiali di Madrid all’età di 15 anni, al 2018 – Federica Pellegrini ha collezionato un’infinita serie di successi, salendo innumerevoli volte sui podi dei Campionati Europei e dei Campionati del Mondo, e due volte sui podi olimpici: per mettere al collo una medaglia d’argento nel 2004, ad Atene, e una d’oro nel 2008, a Pechino.
Proprio alle Olimpiadi, però, l’iconica nuotatrice italiana, indubbiamente una fuoriclasse con caratteristiche di unicità, ha conosciuto le sue più cocenti delusioni: nel 2012, a Londra, dove dopo il suo doppio successo ai Mondiali di Shanghai, nei 200 e 400 metri stile libero, era attesa sul podio delle stesse specialità (invece arrivò quinta in entrambe le gare), e nel 2016, a Rio de Janeiro, dov’era arrivata in piena forma, reduce dal probante successo ai Campionati Europei di Londra, di qualche mese prima.
A Rio, nei 200 metri stile libero - la sua gara, la gara di cui è storicamente la regina - arrivò quarta, rimanendo esclusa dal podio per pochi centesimi. Ne seguì una tremenda delusione che inizialmente la indusse a considerare l’ipotesi del ritiro dalle scene agonistiche. Successivamente, punta nell’orgoglio per avere subito una sconfitta che considerava immeritata, e sorretta dalla sua caparbia determinazione, non ha accettato di ritirarsi da sconfitta e, grazie alla sua testardaggine e alla sua capacità di soffrire, ha azionato la leva dell’ennesimo riscatto.
La vittoria ai Mondiali del 2017, ottenuta nei confronti delle avversarie che l’avevano preceduta a Rio, compresa la medaglia d’oro Katie Ledecky, un’atleta fenomenale, mai sconfitta prima in un’importante gara internazionale, è stata per Federica di valenza catartica: un’apoteosi che, come lei stessa ha ammesso, le ha fatto ritrovare la pace con se stessa e le avrebbe permesso di chiudere lì, serenamente, la carriera .
Una carriera che, invece, potrebbe prolungarsi, di anno in anno, fino a Tokyo 2020.
L’idea di Federica è di considerare questo 2018 come anno semi sabbatico, e di continuare a gareggiare su distanze corte, come i 100 metri stile libero, abbandonando i 200 metri, dove ha vinto tutto, pere nuotarli eventualmente soltanto nella staffetta 4x200 stile libero, per dare una mano alle compagne di squadra.
Passando meno tempo ad allenarsi Fede ne ha di più a disposizione da dedicare alle attività mediatiche – è maestra nell’uso dei social -, a quelle televisive e agli impegni con i sui importanti sponsor.
Federica ama i tatuaggi. Ne ha alcuni. Fra quelli prediletti c’è la fenice, o “araba fenice”, chiamata pure “uccello di fuoco”: un uccello mitologico noto per il fatto di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. Nella mitologia greca una fenice è un uccello dalla lunga vita che ciclicamente si rigenera o rinasce. La fenice simbolizza il rinnovamento.
Federica Pellegrini lo considera, dunque, un paradigma delle sue rinascite dopo le poche sconfitte e i numerosi cambi di allenatore.
Un altro paragone che le si attaglierebbe è quello con un altro animale, il gatto che, secondo le credenze popolari, avrebbe sette vite.
Sette proprio come gli allenatori che Federica ha avuto nella sua carriera. Eccoli:
Con ognuno di loro Federica Pellegrini ha vinto medaglie importanti. Citiamo soltanto le medaglie vinte nelle gare individuali.
- Con Di Mito argento nei 200 stile libero ad Atene 2004 e ai Mondiali di Montreal 2005; oro nei 200 stile libero agli Europei in vasca corta 2005 e bronzo nei 400 stile libero.
- Con Castagnetti (sotto con lei ai Mondiali di Roma 2009 - Foto di Ferdinando Mezzelani/GMT) bronzo nei 200 stile libero ai Mondiali di Melbourne 2007; oro nei 400 stile libero agli europei di Eindhoven col record del mondo; nel 2008 oro olimpico nei 200 stile libero a Pechino ed europeo in vasca corta a Rijeka, entrambi col record del mondo; nel 2009 oro nei 200 e 400 stile libero, entrambi con record del mondo, ai Mondiali di Roma, oro ai Giochi del Mediterraneo nei 400 stile libero col record del mondo. Nel mese di ottobre 2009 Castagnetti, anche Direttore tecnico della squadra nazionale, mori prematuramente per complicazioni sopraggiunte dopo un intervento chirurgico al cuore.
- Nel dicembre 2009, con Bonifacenti, oro con record del mondo – l’undicesimo record mondiale della sua carriera - agli Europei di Istanbul in vasca corta. Federica dedicò questa medaglia alla memoria del tecnico scomparso.
- Nel 2010 con Morini oro nei 200 stile libero e bronzo negli 800 metri agli Europei di Budapest; oro negli 800 stile libero agli Europei in vasca corta di Eindhoven; bronzo nei 400 stile libero ai Mondiali in vasca corta di Dubai.
- Con Lucas, nel 2011 oro ai Mondiali di Shanghai nei 200 e nei 400 stile libero. Con queste vittorie Federica divenne la prima nuotatrice della storia a vincere 200 e 400 metri in due edizioni consecutive dei Campionati del Mondo. Nel 2012 oro agli Europei di Debrecen nei 200 stile libero.
- Con Lucas e Giunta (insieme nella foto sotto di Giorgio Scala/Deepbluemedia.eu) nel 2013 oro ai Mondiali di Barcellona nei 200 stile libero; oro nei 200 stile libero e bronzo nei 400 stile libero agli Europei in vasca corta a Herning; nel 2014 oro nei 200 stile libero agli Europei di Berlino.
- Con Giunta nel 2015 argento nei 200 stile libero ai Mondiali di Kazan 2015; oro nei 200 stile libero agli Europei in vasca corta di Netanya. Nel 2016 oro nei 200 stile libero agli Europei di Londra e ai Mondiali in vasca corta di Windsor: Nel 2017 oro nei 200 stile libero ai Mondiali di Budapest.
- La capacità di vincere medaglie importanti nel lasso di tempo di 3 lustri con sette diversi allenatori non ha uguali e difficilmente si può spiegare. Cerchiamo di farlo chiedendo a lei stessa e al suo attuale allenatore di spiegarci come le sia stato possibile riuscire in questa impresa eccezionale.
Federica Pellegrini / Alcune domande e relative risposte
“Sinceramente non penso spesso al fatto che molte mie avversarie abbiano appeso il costume al chiodo”.
“Ho avuto delle avversarie fortissime durante tutta la mia carriera e sono contenta di essermi confrontata con loro ma, alla fine, ognuno fa la propria scelta di vita. A me piace ancora nuotare e per questo motivo che continuo ad allenarmi ogni giorno. Le avversarie più forti in ordine cronologico sono state Laure Manaudou, Camille Muffat, Femke Heemskerk e Katie Ledecky”.
“Gli allenatori con i quali mi sono allenata per più anni sono stati Alberto, Philippe e Matteo. Tre allenatori completamente diversi ma che sono arrivati nei momenti giusti”.
“Gli allenamenti che più mi piacciono sono quelli qualitativi, dove devi esprimere tutta la tua forza al massimo livello di tecnica. Quelli che amo meno, soprattutto negli ultimi anni, sono quelli più estensivi, ad esempio10x400 0 6x800 o 5x100, ecc.”.
“Il riconoscimento più bello della mia vita è stato sicuramente la designazione a porta bandiera dell’Italia alle Olimpiadi di Rio 2016”.
“Tutto è venuto naturalmente grazie ai risultati sportivi, e a qualche colpo di testa”.
Intervista con Matteo Giunta, attuale allenatore (sopra, nella foto di Giorgio Scala/Deepbluemedia, con Federica Pellegrini)
“Ho vissuto la prima parte della carriera di Federica da spettatore e l’idea che mi sono fatto è da spettatore. Sicuramente la vittoria della medaglia d’argento dei 200 metri stile libero all’Olimpiade di Atene del 2004, all’età di solo 16 anni, l’ha proiettata nell’élite mondiale dall’altro l’ha proiettata in un ambiente per le sconosciuto con tutto ciò che questo comportava, atleta di fama mondiale che deve dimostrare di essere sempre forte per vincere mondiali, eccetera. A 16 anni questo cambio repentino di prospettiva, entrare nell’olimpo dei grandi, può comportare complicazioni e, in effetti, lei ha avuto diverse difficoltà.
Si è trovata a dover combattere con un problema alla spalla che inizialmente l’ha condizionata perché non sapeva se avrebbe potuto continuare a nuotare, se avesse dovuto sottoporsi ad un’operazione, poi sono riusciti a sistemarla la spalla in maniera conservativa, senza operarla, e questo le ha salvato la carriera, e di vincere tutto quello che ha vinto negli anni successivi.
Da quanto ho cominciato a lavorare con lei ho confermato le mie impressioni, che sono quelle di un’atleta mai sazia, una grande lavoratrice, che spinge sempre al limite con grande determinazione, e che ha sempre voglia di mettersi in gioco. Queste qualità, assieme alla facilità di nuotata e a tante altre qualità natatorie, connotano il suo talento e fanno si che lei abbia vinto tutto quello che ha vinto. Proprio per le qualità cui ho accennato, c’è stato un perfect matching fra noi due.
Una carriera così longeva la sua che è difficile trovare paragoni nella storia del nuoto mondiale, soprattutto femminile. Poi, atleti che nuotano distanze così impegnative, come i 200 e i 400, devono sopportare carichi di lavoro molto importanti”.
“Secondo me negli ultimi anni ci si occupati di più della crescita dell’atleta finalizzata all’approccio alle gare. Prima era un po’ andare allo sbaraglio. C’erano atleti che avevano la fortuna di trovare un approccio alle gare ideale altri no, pur avendo dei riscontri fantastici in allenamento. Altri in allenamento non lavoravano così tanto, non avevano riscontri ottimali ma in gara esprimevano un potenziale incredibile”.
“Io credo proprio di si. Quello che è stato il suo mentore, Alberto Castagnetti, aveva una metodologia molto dura, estenuante, che stemperava con battute e barzellette. Ma erano allenamenti estenuanti che portavano l’atleta al limite, sia fisico sia mentale. E’ per questo che un’atleta come Federica, ce l’ha fatta, e anche grazie alle qualità che ho elencato prima, anche fra loro due c’è stato un perfect matching. So che spesso erano arrivati allo scontro a causa della durezza degli allenamenti, che la portavano al limite, allo stremo. Però per una lavoratrice come lei, con la sua capacità di soffrire in allenamento e con la sua determinazione, erano allenamenti molto buoni per lei.
Stessa cosa quando si è affacciata al mondo francese di Philippe Lucas, anche lui un coach che fa lavorare tanto, e non a caso negli ultimi anni si è preso carico di allenare fondisti, nuotatori di acque aperte. Credo che anche con Stefano Morini ( attuale allenatore di Gregorio Paltrinieri e Gabriele Detti ), sia avvenuta la stessa cosa. Credo, invece, che Claudio Rossetto, con cui si è allenata a Roma per un periodo di circa sei mesi, da gennaio fino alle Olimpiadi, l’abbia sottoposta ad un allenamento più da duecentista pura piuttosto che da quattrocentista.
I miei primi due anni con Federica li ho fatti come assistente di Philippe Lucas, lui in Francia noi a Verona. Da quando l’ho presa in carico da solo, sin dall’inizio ho cercato di ottimizzare l’allenamento puntando molto sulla qualità ho curato molto la tecnica della nuotata, ottimizzandola alla velocità di gara, e ho quasi dimezzato i grossi volumi che faceva con Philippe. Massima intensità – in allenamento si nuotava forte - e recupero passivo, che faceva a casa quando si riposava. Per compensare, e anche per aiutarla a sopportare questi allenamenti qualitativi, ho aggiunto un allenamento di preparazione fisica abbastanza importante”.
“Beh, inizialmente non è stato così semplice. I primi mesi abbiamo avuto delle difficolta, il primo Mondiale che abbiamo affrontato assieme, quello di Doha, in vasca corta, lei non è arrivata in condizioni fisiche ottimali… Poi, piano piano, io conoscendo meglio lei, come reagiva ai miei carichi di lavoro, e lei credendo in me e in quello che le facevo fare, i risultati sono venuti anche durante il nostro sodalizio”.
“Io credo che quando l’ho conosciuta in maniera approfondita, nell’inverno 2012, lei aveva già vinto tutto, le cose più importanti le aveva già fatte. Le mancava il titolo mondiale in vasca corta, da lei vinto a Windsor nel 2015. Se avesse voluto avrebbe tranquillamente potuto decidere di smetter in qualsiasi momento e fare dell’altro. Il valore di questa ragazza è vedere come dal 2012 siano passati altri sei anni e lei abbia sempre saputo rimettersi in gioco. Questo 2018 è il primo anno in cui lei ha deciso di tirare un po’ il fiato. D’altra parte dopo l’oro mondiale del 2017 a Budapest è difficile chiedere altro a Federica”.
“Io nel 2012 ero a Londra ma con il team del Kenya; dunque anche in questo caso le sue performances le ho vissute da spettatore. So che per lei è stata un’olimpiade molto sofferta poiché non si sentiva al top della condizione. Era arrivata all’olimpiade dopo avere vinto i Mondiali di Shanghai, e le aspettative erano sicuramente alte. Secondo me due fattori possono spiegare le sue prestazioni non soddisfacenti: il primo la sua condizione non ottimale; il secondo il fatto che le atlete che si sono giocate la medaglia d’oro, la Schmitt e la Muffat, erano in condizioni di forma strepitose, forse non più ripetibili per loro. A Rio l’olimpiade di Federica l’ho vissuta in prima persona. E’ stato molto diverso. Lei era in condizioni ottimali. La semifinale era andata magnificamente. Poi, in finale, è mancato qualcosa. Ancora oggi, a ripensarci, non si riesce a trovare spiegazione, se non quella che si è trattato di una finale velocissima, in assoluto la più veloce di sempre, che ha visto salire sul podio tre grandi campionesse e Federica esclusa per pochi centesimi”.
“Penso di sì. Magari per qualcuno potrà sembrare un’eresia però quel quarto posto a Rio ha fatto si che lei l’anno successivo salisse ancora sul tetto del mondo mettendo dietro le atlete che le avevano sfilato la medaglia olimpica a Rio. E’ stato qualcosa di indescrivibile”.