Tecnica del Nuoto.
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Finalmente un raggio di sole a squarciare il buio della tempesta in cui è finito il nuoto azzurro. Lo regala l’emiliano Gregorio Paltrinieri, 18 anni, che si allena al Centro federale di Ostia con Stefano Morini. Incurante delle polemiche nuota le 30 vasche con la sua consueta leggerezza e si qualifica con il quarto tempo con un crono assai vicino a quello che gli valse il titolo europeo a Debrecen lo scorso maggio.
I dettagli della prestazione di Paltrinieri e della mattinata si trovano qui a lato nella Cronaca delle Batterie di Gianfranco Saini.
Per noi è ora di cominciare a fare il punto sui risultati della spedizione azzurra qui a Londra, per ora limitatamente alla squadra di nuoto.
E’ vero che i bilanci si fanno alla fine, e che mancano ancora due sessioni di finali per completare il programma (domani, ottava e ultima giornata, non vi saranno batterie) ma per il nuoto italiano la fine è già arrivata. Infatti, l’unico azzurro rimasto in gara è proprio Paltrinieri poiché questa mattina sono stati malamente eliminati anche i quartetti – maschile e femminile - della staffetta 4x100 mista, e la velocista Erika Ferraioli.
Queste eliminazioni vanno ad aggiungersi alle tante di tutte le giornate precedenti e alle deludenti prestazioni di Federica Pellegrini, che si è fermata al quinto posto in entrambe le sue due gare, dove era attesa sul podio per la riconferma dell’oro olimpico nei 200 metri stile libero e almeno per un’altra medaglia sui 400.
Il naufragio del nuoto azzurro è evidente. Attenzione: naufragio è non tanto perché siamo fuori dal medagliere o perché abbiamo fallito troppi ingressi in finale ma perché quasi nessuno è riuscito a migliorarsi. Alle olimpiadi la regole è “o ti migliori o fallisci”. Negare il tracollo non serve; non aiutano nemmeno ipocrisie, acrobazie dialettiche o patetiche giustificazioni. Le cause della caduta non sono ancora accertate. Per farlo occorrerà analizzare serenamente, a freddo, un po’ tutto. Non soltanto la programmazione e la preparazione che questo staff federale in tante occasioni precedenti ha dimostrato di saper fare ma anche, e soprattutto, l’analisi di comportamenti, a volte sopra le righe, e mai abbastanza stigmatizzati di alcuni atleti leader.
Ricordiamo le chiassate di Shanghai, riportate dalla stampa, al centro delle quali c’era Filippo Magnini. Ricordiamo che la Pellegrini, a Shanghai, finite le gare, fece rispondere a un giornalista di non essere disponibile per un’intervista perché si considerava in vacanza (ma come? In vacanza, senza obblighi verso nessuno, a spese della FIN?).
Magnini anche qui a Londra è finito nell’occhio del ciclone per via di alcune sue dichiarazioni incaute e soprattutto inopportune per chi, come lui, ricopre il ruolo di capitano. E ingenerose nei confronti del suo tecnico, Claudio Rossetto, che pure negli anni lo ha guidato alla conquista di due titoli mondiali nei 100 metri stile libero (2005 e 2007). Inappuntabile la reazione del tecnico della Larus e della Nazionale, che ha evitato di rispondere per le rime, come avrebbe potuto.
Dopo il suo personale flop, francamente non sorprendente (il suo tempo vincente agli Europei di Debrecen di maggio era soltanto il 23° del ranking mondiale stagionale a quel tempo), Filippo ha dato l’impressione di volere cercare una sua personale scialuppa di salvataggio scaricando sugli “altri” le responsabilità della débacle sua e del collettivo. Capitan Magnini come capitan Schettino? Sicuramente non era questa l’intenzione di Filippo, non volveva certo apparire così, da persona intelligente e arguta quale è; ma la delusione e la rabbia del momento devono averlo consigliato male. Ora, si dice, la squadra lo ha scaricato, non lo riconosce più come capitano. Luca Dotto, suo compagno di stanza, ha ammesso di aver trovato rifugio nella stanza della fidanzata, la spadista Rossella Fiammingo; Marco Orsi ha preso le distanze dalle sue critiche e lo ha accusato di pensare soltanto se stesso. Insomma, un brutto modo di congedarsi da una carriera prestigiosa, per la quale il nuoto e lo sport italiano gli saranno sempre grati.
Ma per quanto riguarda i comportamenti a volte disinvolti dei nuotatori entrano in gioco responsabilità più alte. Negli Stati Uniti, e in altre nazioni, coloro che entrano in nazionale devono sottoscrivere un codice morale che contiene norme comportamentali precise. Non solo, a tutti viene fatto un training speciale per quanto riguarda i rapporti con la stampa. E’ il momento di ricordarlo.
Cause del naufragio sono da accertare, dicevamo. Forse non sarà facile per nessuno. E i processi non servono, e comunque non spetta a noi farli. Personalmente ho il massimo rispetto per il serio lavoro svolto dai tecnici per accompagnare i ragazzi alle olimpiadi nelle migliori condizioni possibili, almeno nelle intenzioni, e per i duri allenamenti effettuati dagli atleti in acqua. Al Centro Federale “Alberto Castagnetti” di Verona l’atmosfera della squadra appariva buona, e l’ottimismo non mancava. Indichiamo comunque alcuni argomenti di discussione.
Primo argomento. Le squadre che hanno onorato i Campionati Europei di maggio partecipando con le squadre più numerose, e cioè Germania e Italia, hanno zero titoli (o “tituli”, come ha fatto ironicamente notare un corsivista) e zero medaglie. L’Italia può ancora sperare di entrare nel medagliere con “San” Gregorio; la Germania potrebbe farcela con Britta Steffen, campionessa olimpica uscente dei 50m stile libero che in questa gara, stamane, è passata alle semifinali con il quarto tempo. Al contrario, la Francia che per scelta tecnica ha praticamente snobbato gli Europei ora gode con 6 medaglie, tre d’oro. Scelta azzeccata? Fortuna? Entrambe? Fate voi. Comunque c’è da riflettere. Dovrà riflettere anche la LEN che a settembre passerà sotto la guida di Paolo Barelli: a chi e a che cosa servono dei Campionati europei piazzati come antipasto, ad alcuni sgradito, due mesi prima dell’Olimpiade?
Secondo argomento. Le parole chiave del successo, a sentire le dichiarazioni di tutti i vincitori, sono l’impegno e lo focalizzazione totale (fisica, mentale ed emotiva) verso l’obiettivo supremo della stagione. Dai vincitori di medaglie si sentono parole come “dedication” e “commitment”: parole che non hanno bisogno di traduzione. Siamo sicuri che questi elementi fondamentali della “preparazione totale alla gara” siano stati considerati tali anche dai nostri? O forse si sono sotto pesate certe distrazioni e sopravalutate le proprie possibilità soggettive? Pensiamo, ad esempio, a Federica Pellegrini che a marzo, agli Assoluti di Riccione, e a giugno, al “Sette Colli” di Roma, quando le veniva fatto notare che le sue avversarie camminavano più forte, rispondeva che a lei non interessava delle altre, che era contenta del suo tempo e che contava andare forte a Londra, alle olimpiadi e non quattro, tre o un mese prima. Presunzione? Sottovalutazione delle avversarie o sopravalutazione dei propri mezzi? Essere campione olimpica uscente, campione e primatista del mondo in carica non ti assicura la vittoria la prossima volta: proprio non ti da alcun diritto. Quel che è certo è che l’oro olimpico non si improvvisa. Anche Phelps, che pure ha raccolto meno di quanto avrebbe voluto, è riuscito a tornare in vetta, grazie ad un impegno che in questa stagione è stato totale, monacale e maniacale. Distrazioni zero. Una lezione per tutti.
Terzo argomento. Lo spirito di squadra, la coesione fra gli atleti e di questi con lo staff. Da noi non è mai stata elevata ma ci pare che negli ultimi tempi anche questi elementi abbiano toccato i minimi.
Mi fermo qui ma non prima di avere sottolineato che non tutto è annegato nel naufragio collettivo. Oltre a Paltrinieri (comunque faccia domani) troviamo fra i superstiti Ilaria Bianchi, quinto posto e primato italiano nei 100 farfalla; Arianna Barbieri, primato italiano nei 100 dorso; Luca Marin finalista nei 400 misti. Gli stessi due quinti posti della Pellegrini ci farebbero rallegrare se non fossero opera di un’atleta attesa a traguardi ben più elevati. Oggi sembra essere tornati ai tempi in cui entrare in finale era l’obiettivo massimo del nuoto italiano. Siamo sicuri che non sarà così. Evitiamo isterismi ma diamoci da fare per tornare presto nel posto che da oltre trent’anni i compete.