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Nuoto

Intervista a Marco Belotti

Marco Belotti e il suo percorso: “Avevo smesso di nuotare, ma ho ritrovato l’armonia”

Marco Belotti racconta il suo ultimo anno. Dal periodo passato alla corte di Fabrice Pellerin e Yannick Agnel, a Nizza, fino al ritorno a Roma. In mezzo, però un percorso difficile per recuperare l'equilibrio tra il "nuotatore Belotti" e la "persona Marco".

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BELOTTI Marco ITA

Le cose cambiano e non si può far altro che andare avanti con tenacia. Marco Belotti ha ricominciato, per l’ennesima volta, mettendosi alla prova. L’avevamo lasciato con il ritorno dalla sua sfida francese e la partnership con il duo Fabrice Pellerin-Yannick Agnel. Poi è tornato in Italia dopo la “rottura” tra l’olimpionico e il suo storico tecnico (con Agnel volato negli Usa alla corte di coach Bob Bowman). Ha messo nel suo bagaglio l’esperienza della stagione a Nizza e ha ritrovato degli equilibri e oggi si rilancia verso il suo percorso. Dagli scorsi Mondiali di Barcellona, però, lo stileliberista bergamasco ha conosciuto un momento di crisi. Non solo per i risultati non arrivati, ma perché, come ammette, il nuoto lo stava logorando a discapito della sua persona. Così Belotti è tornato dall’ottobre 2013 a Roma, in casa Aniene, società per la quale è tesserato. E sta ricominciando: uno dei suoi successi è di sicuro il recente titolo italiano conquistato a dicembre nei 200 stile libero, dopo quattro anni senza ori nella “sua” distanza. Un obiettivo arrivato però solo dopo essere stato fermo quasi per tre mesi. Ha risolto una battaglia ben più importante dalla mancanza di competitività in vasca. E ha vinto.

Oggi il lombardo vuole ricominciare dopo aver sfiorato la gloria. Ai Giochi Olimpici di Pechino, l’allora 19enne rimase al palo con un quarto posto nella 4x200 stile libero. A 37 centesimi dal bronzo assieme agli allora compagni storici Emiliano Brembilla, Massimiliano Rosolino e Filippo Magnini. Un ricordo amaro che, a distanza di quasi sei anni, Belotti non ha dimenticato. Questo l’apice della sua carriera, corredata da un primato italiano nella sua specialità: i 200 stile libero (1'46"33 nel 2009). Da allora, però, con il ritorno ai costumi in tessuto e qualche contrattempo, lo stileliberista non è più stato in grado di ripetersi agli stessi livelli. È rimasto però al top dei nuotatori azzurri sulla distanza, ma senza centrare delle finali internazionali in manifestazioni (Olimpiadi, Mondiali ed Europei) nelle quali ha raggiunto la qualificazione. Spesso “accantonato” dall’azzurro, Marco Belotti vuole rilanciarsi definitivamente. E il suo percorso di rilancio arriva fino a di Rio de Janeiro 2016.

 

Marco Belotti, Canottieri Aniene

 

Roma-Nizza-Roma. Tutto nel giro di un anno. È stato un percorso facile?

«Affatto. È iniziato durante la stagione 2012-2013. Avevo iniziato ad allenarmi a Roma con Maurizio Coconi e un gruppo di atleti. Alla fine di ottobre però, abbiamo saputo che il nostro allenatore avrebbe cominciato a lavorare come Direttore Sportivo delle Nazionali (incarico che tuttora sta esercitando, ndr). Si è creata così una situazione problematica. Così parlando con Gianni Nagni, prima tecnico all’Aniene e ora direttore societario, ho deciso di andare ad allenarmi Nizza con il fresco campione olimpico Yannick Agnel».

Quali erano le condizioni per lavorare con Agnel e Pellerin?

«Ho fatto una prova di una settimana, dai cui responsi avremmo valutato la possibilità di poter poi proseguire il rapporto. La settimana è stata soddisfacente e così ho deciso di trasferirmi da lui. Fabrice Pellerin è stato subito chiaro con me: avrei dovuto adeguarmi a 12 allenamenti settimanali, compresa la domenica, e mi ha avvertito  che sarebbe stato difficile reggere ritmi e stile di vita. Mi ha visto nuotare e ha detto che potevo farcela. Sono rimasto finché poi Agnel se n’è andato. Pellerin è uno dei migliori coach. Non si discute la sua abilità: ma purtroppo a me serviva la competizione con dei compagni d’allenamento. Ed è venuta a mancare proprio quella».

Quindi la svolta verso il ritorno in Italia è stata esclusivamente l’uscita di scena di Agnel?

«Fondamentalmente sì. A maggio, Yannick e Fabrice hanno avuto uno screzio, che peraltro credevo risolvibilissimo, che ha portato il primo ad abbandonare Nizza e di conseguenza il gruppo di lavoro dove c’ero anch’io. Questo ha tolto la mia più grande motivazione all'origine del rasferimento in Francia: allenarmi con Yannick. Siamo rimasti soltanto due stileliberisti: io e Damien Joly, ma la sua preparazione era diversa dalla mia, visto che è specializzato nei 1500. Non proprio la mia distanza affine. A quel punto ho fatto di ritorno in Italia. Era la decisione migliore».

Nonostante un epilogo imprevisto. Che cosa hai imparato dai mesi francesi?

«Ho trovato aspetti che in Italia sono difficili da toccare con mano. Per esempio, se qualcuno si lamentava, da parte dello staff non c’era nessunissimo problema a dirti: “Va bene. Se non credi in questo tipo di allenamento non c’è nessuno che ti obblighi a continuare. Sei libero di poter scegliere un altro allenatore”. Qui è difficile che un tecnico si ponga in questo modo, anche per questioni legate alla possibile perdita di un atleta in chiave societaria. Forse in Francia c’è più schiettezza nel parlare e non mi è dispiaciuta. Un’altra cosa particolare, era di trovarsi mezzora prima degli allenamenti per fare stretching, a cui si aggiungeva un’altra mezzora alla fine della sessione. Io non ero abituato a lavorare così e mi sono trovato bene. Poi ci allenavamo sempre dalle 7 alle 9 del mattino e mi sono dovuto abituare ai nuovi e inediti ritmi. Non posso che essere contento diquesta esperienza: mi è servita molto come sportivo e come persona».

Oggi come vanno le cose a Roma con Meloni?

«Sto lavorando col gruppo di Massimo Meloni con Lorenzo Benatti e Luca Marin. E sono a mio agio. Riesco a prepararmi con entrambi i compagni: se imposto un lavoro più lungo mi alleno con Luca, mentre se devo prepararmi più su qualità e velocità, c’è Lorenzo. Attualmente siamo in Val Senales per tre settimane in altura, in vista degli Assoluti di aprile. Con Meloni ho un buon rapporto. Quando sono arrivato a Roma per la prima volta, nel 2006, ho iniziato proprio con lui. Quindi diciamo che c’è conoscenza reciproca: sa come sono fatto, le mie caratteristiche e sa come prendermi. Questi ultimi quattro mesi non posso che giudicarli in modo positivo. Perché, nonostante abbia ripreso a nuotare solo nel mese di ottobre, gli Assoluti invernali sono andati bene. I miei tempi non sono stati eccellenti, ma considerando una preparazione di soli due mesi, non posso lamentarmi».

Perché hai iniziato la ripresa stagionale agonistica soltanto dall’ottobre scorso: non era un po’ “tardi”?

«Dalla scorsa estate sono rimasto fermo, a casa mia, a Bergamo. Ci sono stati dei problemi personali che mi hanno costretto a ricominciare quasi da zero. Quando sono tornato a Roma non ero esattamente nelle migliori condizioni fisiche: avevo perso parte del mio tono muscolare e pesavo 69 chili. Conta che di solito il mio peso si aggira intorno ai 75-76. Poi, però, grazie al lavoro con Meloni e il preparatore atletico Aniene, Andrea Passerini, sono riuscito a ritornare in buona forma in poco tempo».

Prima, però che tipo di problemi hai dovuto affrontare?

«Ero itenzionato a smettere di nuotare. Non sopportavo più quest’ambiente, mi aveva logorato. Dopo essere stato a Nizzacontinuavo a non sentirmi considerato appieno per la Nazionale e non sentivo fiducia. E dopo i Mondiali di luglio, fino ad ottobre inoltrato, avevo la nausea nel vedere la piscina. Ringrazio la mia famiglia e la mia società, l’Aniene, che in quel periodo mi sono stati vicini. Nel frattempo, però, ho chiesto aiuto ad uno psicologo. Non mi vergogno assolutamente di questo: anche perché ha reso possibile che tornassi a nuotare. Trovo assolutamente giusto chiedere un aiuto quando c’è un problema. Io l’ho fatto e sono contento della mia scelta».

In cosa ti ha aiutato il consulto con uno psicologo?

«Mi ha fatto scoprire un nuovo mondo. Mi ha aiutato a mettere l’attenzione prima sul “Marco persona” e poi sul “Belotti atleta”. E ammetto che ora vivo più rilassato, sono tranquillo e felice con me stesso. Questo mi aiuta anche ad andare veloce in acqua. E consiglio a chi è in una situazione paragonabile alla mia di andare da uno specialista per stare meglio».

Oggi gli obiettivi del Belotti atleta puntano dritti verso un posto in Nazionale? Sei stato più volte polemico per la mancanza di attenzione nei tuoi confronti….

«Non credo di essere stato considerato molto. Ultimamente si sono tenuti dei collegiali della velocità, ma hanno preferito non convocarmi. Non è la prima volta che succede. Fino al 2010 non ho avuto nessun intoppo. Allora partecipai a un raduno, tornai in sovraccarico da allenamento ed ebbi qualche guaio. Speriamo di aver risolto questo problema, perché ha inciso a livello psicologico. Non ho spiegazioni anche perché non ne ho ricevute. Mi sono fatto una ragione e continuerò a far parlare i risultati».

 Acquaniene, Roma 12/06/2013

 

Anche perché, da almeno 6 anni, sei un componente stabile della staffetta 4x200 stile libero. E anche nella gara individuale conti di dire la tua…

«Mi piacerebbe conquistare già agli Assoluti primaverili la qualificazione per gli Europei di Berlino di agosto. Spero di non arrivare, come spesso mi è accaduto negli ultimi anni, a giocarmi il pass al Settecolli. Purtroppo aprile non è il mese ideale per me, perché ho il problema dell’allergia ai pollini e condiziona il mio fisico, faccio fatica irrimediabilmente. Punto ai 200 stile libero, che non saranno senza interpreti di primissimo rango: penso ad Agnel, Izotov e Lobintsev, per citarne alcuni. Diciamo che noi europei su quella distanza non ci facciamo mancare niente! Per quanto riguarda la staffetta, ci spero. E dico che sono l’unico che con Magnini c’è sempre stato sin dagli Europei 2008 ad Eindhoven. Tra l’altro quest’inverno sono arrivato terzo agli Assoluti nei 100 sl, anche se mancava uno specialista come Marco Orsi, lo ammetto. Potenzialmente ci sono anche per una staffetta veloce».

A 25 anni e con la tua corposa esperienza fatta di tre Mondiali e due Olimpiadi, potresti essere però un buon punto di riferimento anche per i giovani della staffetta?

«Esatto. Io continuo a voler puntare e credere molto sulla staffetta. Ovviamente il livello, vedi Francia e Russia, sarà impressionante. Ma ho un’ambizione concreta. Visto che ho iniziato a nuotare nella 4x200 con Brembilla, Magnini e Rosolino, punto a disputare nuovamente una finale olimpica. Ci sono dei nuotatori in crescita continua come Alex Di Giorgio, Andrea Mitchell D’Arrigo. Contando anche i giovani interessanti come Riccardo Maestri e Nicolangelo Di Fabio. E non dimentichiamoci di Gianluca Maglia, che ha avuto un anno difficile e sta ritornando ai suoi livelli. Bisognerà trovare solo una quadra, ma sono convinto che la staffetta potrà fare bene. I pochi centesimi dalla medaglia di Pechino 2008 mi danno la motivazione per andare avanti».

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