PallanuotoCroazia, Italia, Serbia, Montenegro, Ungheria, Spagna, Australia, Stati Uniti: ecco la nuova gerarchia della pallanuoto mondiale, così come ha sentenziato l'Olimpiade di Londra. Molte cose sono cambiate da Pechino 2008 (Ungheria, Usa, Serbia sul podio; Italia al nono posto) e dal Mondiale di Shanghai 2011 (Italia d'oro davanti a Serbia e Croazia). Ma il confronto con Pechino ha un valore solo statistico, non assoluto. In quattro anni le situazioni e i valori mutano. Un quadriennio apre e chiude programmi mirati, per poi aprirne un altro, sempre in prospettiva olimpica. Più probante il confronto con il Mondiale di due anni fa, già propedeutico all'impegno olimpico, o comunque banco di prova per valutazioni, programmi e scelte in avvicinamento ai Giochi.
Qualcosa è cambiato, dicevamo, nella gerarchia della waterpolo. Londra ha sancito per alcuni la fine di un ciclo, per altri un inizio più o meno promettente. Clamorosa l'uscita dalla zona podio di Ungheria e Usa, rispettivamente oro e argento a Pechino. Per i magiari, dopo tre ori consecutivi, e per gli Stati Uniti il peggior risultato della storia; per la Serbia un bronzo amaro rispetto alle (legittime) ambizioni della vigilia e alle individualità e caratura della squadra di Perovic; per il Montenegro il rammarico di carenze pesanti in settori chiave.
L'Olimpiade va in archivio. Lascia ricordi di vittorie e sconfitte, gioie e delusioni, emozioni forti, immagini indelebili. E con l'immancabile conta di promossi e bocciati. Proviamo a dare le pagelle a protagonisti e comprimari di Londra 2012.
Croazia. Età media: 26,8. Il dream team. La squadra giusta, al posto giusto e al momento giusto. Oro meritato, senza se e senza ma. Ratko Rudic, il cittì più medagliato della storia della waterpolo, tre ori olimpici alla guida di tre nazionali diverse (Jugoslavia, Italia, Croazia), ha portato al successo un complesso di altissimo livello, sia sotto il profilo della qualità che dell'organizzazione del gioco e della tenuta psicofisica. Nessuno lo meritava più di lui. Partenza lenta contro Spagna (il gol del pareggio iberico, negato a Perez, ha fatto discutere a lungo) e Grecia, poi un'escalation di vittorie su Australia, Italia (11-6 nelle qualificazioni; 8-6 in finale), Kazakistan, Stati Uniti e Montenegro. Rudic ha saputo miscelare esperienza (il portiere Pavic, 30 anni; Boskovic, 29; Buric, 31; Barac, 38; Hinic, 36) con una collaudata gioventù (Sukno, 22 anni; Jokovic, 24; Buljubasic, 24, Obradovic, 26; Buslje, 26). Un impianto solido e di grande prospettiva. Quasi la perfezione. Voto: 9.
Italia. Età media: 29,3. Argento con pieno merito e un amaro retrogusto. Il capolavoro di Sandro Campagna si è manifestato nella piena interezza dei valori tecnico-tattici e agonistici contro Ungheria e Serbia. Tempesti si è espresso a livelli eccelsi proprio contro magiari e serbi: a portieri scambiati, è opinione condivisa, l'esito si sarebbe probabilmente rovesciato. Ma sarebbe far torto grave a Campagna e al suo mosaico in vasca non riconoscere un'alta media di rendimento. Dopo l'avvio incerto, soprattutto contro la Grecia e capitombolo-1 con la Croazia, il Settebello ha cominciato a prendere quota ed è arrivato ai quarti (Ungheria) e alla semifinale (Serbia) al top della condizione. Se Tempesti ne è stato la Grande Muraglia, Felugo ha confermato le sue qualità di leader: tutto il cammino azzurro verso il podio, si è dipanato, come in una sorta di road map, attraverso i suoi suggerimenti, le sue ispirazioni, le sue invenzioni. Sono mancati, a tratti e soprattutto nella finale, i tiratori scelti Figlioli e Giorgetti; Gallo ha viaggiato a corrente alternata; Presciutti si è prodigato in chiave offensiva ma anche in difesa; Fiorentini ha mostrato di essere difensore esterno di grande valore; luci (in prelavalenza) e qualche ombra per Perez, Premus e Aicardi, non al meglio della condizione dopo il grave infortunio. L'età media consente a Campagna di guardare al prossimo quadriennio con sufficiente tranquillità: Tempesti (classe '79), a Rio de Janeiro, avrà 37 anni, e sarà il caso di allevare una valida alternativa; Felugo ne avrà 35; Presciutti 34; Giacoppo 33, Figlioli e Fiorentini 32; Gallo 31; Gitto e Aicardi 30. Difficile ipotizzare il viaggio a Rio per Perez, che ne avrà 40. Ma è d'obbligo godersi un Settebello come non si vedeva dai tempi dell'argento mondiale di Barcellona e dal bronzo di Atlanta. Voto: 8+.
Serbia. Età media: 26,1. Di bronzo come la faccia della delusione. La squadra dei due Udovicic, che non sono padre e figlio e nemmeno parenti, chiariamolo una volta per tutte, non ha di che gioire per la terza moneta olimpica. C'erano le (grandi) attese, l'ambizione, ma soprattutto la qualità dei singoli, le caratteristiche tecnico-agonistiche, per mirare al cuore del bersaglio. Ma è mancata la coralità e, parrebbe una bestemmia, anche la tenuta fisica, con Prlainovic, Pijtlovic e Filipovic, come svuotati, irriconoscibili nella fase finale, e Soro impresentabile. Lo si era intravisto già nella faticosa vittoria sull'Australia nei quarti, arrivata dopo un estenuante inseguimento, e ancora di più contro il Settebello, con le rinunce allo sprint di inizio tempo. Non sono bastati i gol di Prlainovic (22, media di tiro del 55%), miglior realizzatore del torneo olimpico, Filipovic (18) e Udovicic (15) per rimediare a distrazioni difensive, complici le distrazioni di Soro, e la ricerca dello spunto personale piuttosto che l'azione corale. Squadra giovane e ancora con larghi margini di crescita per Saponjic (20 anni) e Mandic (18) e una spina dorsale formata da capitan Udovicic, 29 anni. come Gocic e Nikic, Alexsic (26), Filipovic (25), Prlainovic (25), Pijetlovic (27), autentiche star della pallanuoto internazionale. Resta la (palese) delusione per un risultato inferiore alle aspettative. Voto: 7 di stima.
Montenegro. Età media: 28,8. Giù dal podio con molti rimpianti. Confermato il quarto posto di Pechino, ma le ambizioni erano altre. La mancanza di un vice-Zlokovic, la fragilità di Sefik (sostituito con Scepanovic in corso d'opera), l'assenza di un mancino in organico, l'altalenante redimento dei due Janovic e Petrovic, oltre ad un calo di lucidità e freschezza hanno pesato a gioco lungo. Ma alla squadra di Perovic va il merito di aver dato vita, con la Serbia (11-11) nel girone di qualificazione, alla più bella e intensa partita della kermesse. Goijkovic (31 anni), Brguljan (28), Jokic (29), Zlokovic (29), ma soprattutto Ivovic (26) hanno disputato una buona olimpiade. Ivovic, fondamentale in difesa e in attacco (19 gol, media realizzazioni 44%), ha speso molto nell'arco del torneo e ne ha forse pagato lo scotto, come il resto della squadra, prorpio nella fase cruciale del torneo. Voto: 7 -.
Ungheria. Età media: 31,5. Quinto posto. Lontano dal paradiso. Fine del sogno di proseguire la striscia di vittorie iniziata a Sydney, dopo il rocambolesco quarto posto di Atlanta dietro al Settebello di Rudic, proseguita ad Atene e Pechino. Kemeny ha portato a Londra una squadra vecchia e mal organizzata: grandi solisti, pochi difensori all'altezza, sacrificando in marcatura Tamas Varga e soprattuttoSzivos, gran tiratore dei cinque metri, un portiere (Szecsi) impresentabile e Biros ombra di se stesso. Né si poteva pretendere che l'immenso Kasas, protagonista di mille battaglie, camminasse sulle acque.Tanti gol realizzati, troppi incassati (peggior difesa tra le big), anche in malo modo. Le sconfitte con Serbia, Montenegro e Italia fotografano perfettamente i limiti dei magiari. Se Kemeny pensava di regalare il passo d'addio ai suoi "senatori", sacrificando le potenzialità di Hosnyanszky, allora merita le attenuanti generiche (non l'assoluzione) per eccesso colposo di nostalgia e gratitudine nei confronti di chi lo aveva gratificato con tante vittorie; se, invece, pensava di poter restare al vertice mondiale con la vecchia guardia (Tamas Varga, 37 anni; Kasas, 36; Kiss, 35; Biros, 36; Madaras, 33; Steinmetz, 32), allora la sua si può definire un'onirica utopia. Per l'Ungheria e per Kemeny, più colpevole dei suoi giocatori, si può parlare senza remore di fine di un ciclo. Domani si vedrà. Voto: 5 (8 alla carriera).
Spagna. Età media: 27,7. Sesto posto, ultimo delle (ex) grandi. Nemmeno lontana parente della Grande Spagna (argento a Barcellona '92, oro ad Atlanta '96) del mai troppo compianto Jesus Rollan e Manel Estiarte; ma nemmeno una pallida somiglianza con la squadra dell'argento mondiale a Roma 2009. A Londra gli iberici hanno mostrato segni di vitalità solo contro la Croazia (gol del pareggio negato a Perez) in avvio di torneo, poi nebbia sulla Catologna. Hanno certo pesato il deludente rendimento dei mancini Garcia e Mallarach, le inevitabili pause da usura del centroboa Perez (41 anni), l'intermittenza di Molina, le carenze difensive e la mancanza di un portiere all'altezza delle (perdute) tradizioni. Non è bastato il grande lavoro di Perrone, il migliore dei suoi, costretto agli straordinari in difesa e in attacco (16 gol), e la vena dei tiratori Espanol (14) e Minguell (14 reti). Voto: 5.
Australia. Età media: 26,5. Squadra giovane, gran nuoto, secondo tradizione, vulnerabile vuoi per inesperienza, vuoi per limiti tecnici. Ha il (grande) merito di avere spaventato la Serbia nei quarti con una prestazione sbarazzina, senza timori reverenziali: 3-2 alla fine della prima frazione (Whalan, Beadsworth e Howden i marcatori), 7-4 (Cleland, ancora Beadsworth e Campbell), alla fine della seconda; 8-6 all'inizio del quarto tempo. I serbi visto concretizzarsi lo spettro dell'eliminazione, hanno dato fondo a tutte le energie fisiche e nervose, rovesciando il risultato con un parziale di 5-0. Positivi e con discreti margini di miglioramento il portiere Dennerley (25 anni), Campbell (24), Younger (23), Roach (21), Howden (25), Cotterill (24) e Miller (24). Nota positiva aver battuto gli Usa per il settimo posto. Voto: 5,5.
Stati Uniti. Età media 30,4. La bruttissima copia degli Usa vicecampioni olimpici di Pechino. E pensare che nel match d'apertura avevano illuso tutti con la vittoria, a sorpresa, sul Montenegro (8-7). Poi, match con la Romania a parte, un progressivo, inesorabile declino, fino al tracollo nei quarti (8-2) contro la Croazia. Non sufficiente la qualità di Azevedo (30 anni), fiaccato dal dover fare spesso gli straordinari, l'esperienza Bajley (36 anni), miglior realizzatore dei suoi, Wright (35) e Powers (32) e dei due (deludenti) ex savonesi Varellas e Smith, per compensare una complessiva fragilità. Ricambio generazionale cercasi. Voto: 4.