Tecnica del Nuoto.
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Nell’ultima giornata dei Campionati Assoluti Primaverili di Riccione, abbiamo approfittato della vicinanza in tribuna per scambiare qualche battuta con Gabriele Magnini (nella foto assieme a Filippo, subito dopo la prova dei 200 stile libero), papà del velocista bicampione del mondo, ancora protagonista delle scene a 33 anni compiuti.
Secondo lei qual è il segreto della longevità di Filippo?
«Sicuramente la passione. Senza tanto amore per ciò che fa, non riuscirebbe a sostenere tanti sacrifici e pressioni. Quando piace il proprio mestiere, anche le fatiche maggiori diventano piaceri».
La vostra famiglia è stata sempre presente alle gare di Filippo, ricordo che agli Assoluti estivi di Pesaro nel 2005 vennero anche i nonni: quanto crede sia importante nella vita di un atleta professionista il sostegno della famiglia?
«È vero, noi abbiamo sempre seguito Filippo, ma non perché pretendessimo dei risultati da lui, piuttosto perché era gracilino e aveva davvero bisogno di irrobustirsi; poi l’ambiente sportivo è un ambiente sano che forma le persone sia mentalmente che fisicamente. Ricordo che quando Filippo gareggiava a livello giovanile, avevamo creato un bel gruppo con altri genitori e i ragazzi si frequentavano anche al di fuori della piscina. Successivamente quando sono arrivate le prime medaglie importanti abbiamo cercato di essere sempre presenti sulle tribune per dargli forza e affetto, ma anche Filippo ci tiene in modo particolare a noi, ancora oggi guarda dove siamo seduti e viene a cercarci prima o dopo le sua gara: la famiglia dovrebbe essere un punto fermo, una sicurezza nella vita di ciascuno».
Che consiglio darebbe ai genitori che seguono i propri figli in ambito sportivo?
«Direi di seguirli perché la presenza di un famigliare serve a sostenere emotivamente i ragazzi, ma sconsiglierei di creare inutili pressioni o aspettative esagerate, perché si è genitori, non allenatori e si rischia di far smettere i propri figli di nuotare solamente perché si pretende troppo o troppo presto un risultato da loro. Lo sport deve sempre rimanere un piacere prima di diventare magari una professione; il talento se c’è, emerge».
I ricordi vissuti a bordo vasca con Filippo sono infiniti, ma se dovesse sceglierne uno quale sarebbe?
«Se dicessi i Mondiali di Montreal nel 2005 sarei scontato, ma quella è stata proprio la gara perfetta! Mi piace ricordare un episodio di quando era piccolo, aveva circa dieci anni e aveva vinto una delle sue prime medaglie ma non se ne era reso conto; così quando gli ho chiesto sorpreso dove avesse vinto la medaglia, lui mi ha detto “Là”, indicando il tavolino sopra cui erano state riposte le medaglie per poi essere distribuite!».
Che cosa augura a suo figlio per il futuro?
«Ancora Filippo non sa quale sarà il suo futuro una volta appeso il costume al chiodo, non ci pensa, vive alla giornata e cerca di trarre il meglio da ogni occasione. Io mi auguro che possa restare nell’ambiente, perché è un bell’esempio per i più giovani di tenacia e sportività a lungo termine; so che a lui piacerebbe tornare a Pesaro, ha sempre sentito il richiamo delle proprie radici, dopo una vita in giro per il mondo, è diventato ancora più forte il desiderio di vivere nella sua terra natale. Il migliore augurio che possa fargli è quello di essere soddisfatto e felice per ciò che ha fatto e per quello che sceglierà di fare, la sua famiglia lo sosterrà sempre. I legami con chi ci ha messo al mondo sono come le radici degli alberi, stanno nascoste sottoterra e lavorano tanto per poter far nascere i frutti più belli e nonostante le tempeste o le avversità riescono a sorreggere anche i rami più alti».