Tecnica del Nuoto.
Clicca qui
Nelle praterie sconfinate e melmose del doping restano impantanati in troppi, perfino coloro che, per definizione, dovrebbero combattere il crimine con la massima determinazione.
La storia recente del doping è colma di atleti squalificati, poi graziati, riabilitati, riammessi. I nomi sono tanti, e gli sport rappresentati pure. A partire da quello dello sprinter americano Justin Gaitlin, che vinse l’oro olimpico dei 100 metri piani alle Olimpiadi di Atene 2004, poi fu squalificato per otto anni per reiterati reati di doping. Successivamente la squalifica fu dimezzata e, scontati i quattro anni, il poderoso Gaitlin poté ricominciare a gareggiare come se nulla fosse accaduto.
Per venire a tempi più recenti, per restare nell’atletica e per non andare troppo lontani, ricordiamo il caso del marciatore azzurro Alex Schwazer. E’ di poche ore fa la notizia che le analisi del campione B hanno confermato i risultati del campione A prelevato l’1 gennaio, confermando la presenza di steroidi anabolizzanti . Schwazer era tornato alle gare a maggio, dopo aver scontato una squalifica di tre anni e mezzo per doping. Il marciatore, sospeso con effetto immediato dalla IAAF, viene di fatto escluso dai Giochi di Rio.
Oggi la Corte Arbitrale dello Sport di Losanna (CAS), detta anche Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS), le cui sentenze sono vincolanti nell’ambito dell’ordinamento sportivo, ha accolto l’appello di Tae-hwan Park, il nuotatore coreano che in marzo aveva finito di scontare una squalifica di 18 mesi per doping ma che il Comitato Olimpico Coreano (Korean Olympic Committee, KOC), in ossequio alle regole nazionali che prevedono l’esclusione dalla squadra olimpica per i tre anni successivo al termine della squalifica, ne aveva decretato l’esclusione dalla squadra olimpica. Park non accettò la decisione e, assistito da fior di avvocati, iniziò una battaglia legale, conclusasi oggi con la sua vittoria.
Il KOC, preso atto della sentenza del CAS e dell’invito rivoltogli dal CAS stesso per modificare le proprie regole e adeguarle a quelle internazionali, ha subito fatto sapere che accetta sia la decisione sia l’invito.
Dunque, il 26 enne mezzofondista coreano, nativo di Seoul, quattro medaglie olimpiche – oro nei 400 stile libero (l’immagine si riferisce a questo successo) e argento nei 200 sl a Pechino 2008, argento nei 200 e 400m stile libero a Londra 2012 – e 2 ori mondiali nei 400m stile libero (2007 e 2011) sarà in gara a Rio.
La vicenda, che nell’occhiello abbiamo definito scandalosa, in realtà, alla luce degli esempi sopra citati, appare soltanto come l’ultima delle tante decisioni di mala giustizia sportiva che sembrano tutelare i mariuoli anziché gli onesti, e l’integrità dello sport.
Decisioni che rendono vani gli sforzi di chi, come la FINA, combatte tutti i giorni con i fatti la battaglia per preservare lo sport pulito.
A nostro avviso i colpevoli di reati gravi dovrebbero essere squalificati a vita perché, con i loro imbrogli, non danneggiano soltanto i concorrenti puliti ma la stessa immagine e la credibilità dello sport. Essi danneggiano anche i giornalisti e i media, indotti a raccontare imprese mirabolanti che soltanto a posteriori, spesso molto a posteriori, risultano taroccate; danneggiano il pubblico che, ingannato, è indotto ad applaudire dei cialtroni, i quali, altresì, arrecano sfregio ai loro paesi, ai loro inni nazionali e alle loro bandiere e si fregiano di medaglie che non gli spettano.
Purtroppo, non è solo il CAS, e non sono soltanto le regole troppe morbide, a incoraggiare chi non ha rispetto per le regole. La stessa World Anti Doping Agency (WADA), l’Agenzia Mondiale Anti Doping, talvolta, colpevolmente, combina pasticci, come quello relativo al Meldonium. Proprio grazie a questo pasticcio la ranista russa Yuliya Efimova, tuttora sub-judice, potrebbe presto essere “assolta” e partecipare, così, ai Giochi di Rio. Sono emersi pure casi di laboratori antidoping e casi di agenzie nazionali anti doping non affidabili. C’ è di tutto. La piaga o si combatte fino in fondo o non si combatte.
Il rientro in campo di Park che, con 3:44.26, detiene il sesto crono mondiale 2016 nei 400m stile libero, significa per Gabriele Detti - il cui tempo 2016 è inferiore di 29 centesimi rispetto a quello di Park - un avversario in più nella lotta per il podio, rispetto a quanto avevamo ipotizzato nel nostro articolo di ieri. Un avversario che, però, nel mese che resta da qui ai Giochi, dovrà lavorare molto bene per migliorare la sua condizione, se veramente aspira a mettere al collo la sua quinta medaglia olimpica.