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Nelle prime due finali in programma, la dura selezione interna di Stati Uniti e Giappone costringe gli atleti a forzare sin dal mattino. Il risultato non è difficile da immaginare molti nuotatori, nel pomeriggio, non riescono a migliorare e perdono posizioni importanti.
Nei 100 rana femminili, infatti, la favorita – stando al record nazionale (1:05.88) realizzato in stagione – Kanako Watanabe timbra il miglior crono della mattinata, 1:06.83, ma perde la finale in cui si è rivelata molto abile la diretta avversaria, Jessica Hardy, estremamente lucida a sfruttare la maggiore velocità di base per mettere in difficoltà la giapponese nei primi 50 metri, 30.96 vs 31.77. Nonostante una vasca di ritorno nettamente migliore, la nipponica non riesce a ricongiungersi con la statunitense, che ferma il cronometro a 1:06.74. Seconda la Watanabe in 1:06.78, terza l'altra americana, Breeja Larson, con 1:06.99.
Nell’omologa gara maschile la situazione si inverte: Stati Uniti al comando in batteria, Giappone vincitore in finale. Kevin Cordes nuota il primo tempo di qualificazione, 59.70. Nel pomeriggio, oltre ad essere squalificato, fa registrare un sensibile peggioramento, 1:00.19 (quarto tempo complessivo). Sul podio atleti di tre diversi continenti: Yasuhiro Koseki (JPN) 59.62; Felipe F. Silva (BRA) 59.82; Glenn Snyders (NZL) 1:00.18.
Il 21enne americano Cordes, che – in virtù di straordinarie subacquee – ha iniziato a farsi notare nel 2012 con ottimi risultati in vasca da 25 yards, dimostra nuovamente di non essere pronto per le finali che contano. A Barcellona, lo scorso anno, entrò in finale con il secondo tempo (59.78) e concluse settimo a 1:00.02. Percorso persino peggiore nei 200 rana: con un personale stagionale di 2:08.34, rimase fuori dalla finale nuotando 2:10.03 in semi. Identico l'andamento alle selezioni nazionali statitunitensi di due settimane fa: bene in batteria, molto meno bene in finale. Nei 200 rana partirà da favorito, vedremo cosa sarà in grado di fare.
Nei 100 stile libero femminili Cate e Bronte Campbell ottengono un'ulteriore consacrazione: prima e seconda in finale. Anche in questo caso, in realtà, la vera sfida ha avuto luogo al mattino. Si noti, infatti, che la terza australiana – in finale B – ha realizzato il terzo tempo complessivo, 53.65. Nella gara in cui si assegnavano le medaglie, una Missy Franklin non brillante (53.87) viene sopravanzata dalla giovane (classe '96) connazionale Simone Manuel, che si aggiudica il terzo posto in 53.71. Cate – 52.72 (52.62, al mattino) – e Bronte, 53.45, salgono sui gradini più alti.
Nella finale maschile la classifica è sovvertita rispetto al ranking delle batterie. Così in mattinata: Nathan Adrian (USA) 48.05; James Magnussen (AUS) 48.25; Michael Phelps (USA) 48.45; Cameron McEvoy (AUS) 48.49. In finale, l'australiano n. 2, McEvoy, con coraggio, passa al comando già nei primi 50 metri, con 22.84. Nella vasca di ritorno, un Magnussen irriconoscibile si allontana ulteriormente dal vicino di corsia e rischia di perdere persino il terzo gradino del podio. Phelps, troppo lento al passaggio di metà gara (23.82), nuota il secondo 50 più veloce in assoluto (24.69), ma deve accomodarsi al quarto posto. Così i primi quattro: McEvoy 47.82; Adrian 48.30; Magnussen 48.36; Phelps 48.51.
Nei 400 misti femminili il turno preliminare non è di livello elevato, il che consente alle atlete di ben figurare al pomeriggio.
L’americana Elizabeth Beisel, grande delusa dell'Olimpiade di Londra, realizza il proprio personale stagionale, 4:31.99. Il risultato è frutto di una gara equilibrata, ben diversa da quella dell’ ungherese Katinka Hosszu ai Campionati europei in corso di svolgimento. La Beisel rimane sulla stessa linea della connazionale Maya Dirado nelle prime due frazioni, poi – nella rana – fa leva sul punto debole della diretta avversaria per guadagnare 1.8 secondi di vantaggio. È però nello stile libero che l'americana n.1 ha realizzato un parziale interessante, 1:01.77. La sconfitta londinese ha condizionato la preparazione della Beisel, che avrà senz'altro aggiunto importanti carichi di lavoro nella frazione conclusiva dei misti per colmare il gap che divide la primatista del mondo Shiwen Ye (58.68 negli ultimi 100 metri dei 400 misti, a Londra 2012) dal resto del globo. Lo scorso anno, la Hosszu ha forse trovato – nel passaggio veloce – la carta vincente per spodestare la cinese dal trono mondiale, ma è giusto aspettare lo svolgimento dei Giochi Asiatici di fine settembre per trarre delle prime conclusioni per gli anni a venire. In pochi ricordano, infatti, che furono proprio i Giochi Asiatici del 2010 a rivelare al mondo una piccola 14enne capace di nuotare 200 e 400 misti, rispettivamente, in 2:09.37 e 4:33.79.
Nei 400 misti maschili Kosuke Hagino vince l'oro che attendeva già a Barcellona 2013.
Diversamente dal consueto passaggio televisivo a cui ci aveva abituato negli ultimi due anni, il giapponese è rimasto in compagnia dello statunitense Tyler Clary fino ai 200, 1:58.93 vs 1:58.86. La distribuzione di gara più intelligente ha permesso al talento del Sol Levante di nuotare una frazione a rana notevolissima: 1:10.90. Nello stile libero, Hagino si è limitato ad amministrare il vantaggio accumulato sul resto della concorrenza. Male il giapponese Daiya Seto, sul tetto del mondo lo scorso anno, quinto con 4:12.77 (4:11.74, in batteria). Questi i primi quattro: K. Hagino (JAP) 4:08.31; T. Clary (USA) 4:09.03; C. Kalisz (USA) 4:09.72; T. Fraser-Holmes (AUS) 4:10.55.
Nelle due staffette conclusive del programma di gare, gli Stati Uniti hanno dovuto far fronte a problemi parzialmente inaspettati.
Nel corso dell'anno 2014, infatti, si era fatto un gran parlare di una staffetta 4x200 stile libero femminile americana in grado di battere il record mondiale (7:42.08, realizzato dalla Cina a Roma 2009). Durante la finale odierna, sia per la condizione imperfetta della Franklin (1:56.12 “lanciata”) e delle altre due staffettiste S. Vreeland e L. Smith (1:57.89; 1:58.03 “lanciata”), sia a causa dell'estrema combattività delle australiane, l'oro pareva destinato alle padrone di casa. Poi è scesa in acqua Katie Ledecky. L'ultima frazionista australiana ha tentato in tutti i modi di tenere a distanza la stellina statunitense, rischiando persino la squalifica con un cambio a 0.00, ma non c'è stato niente da fare. La Ledecky ha recuperato 1.3 secondi nelle prime due vasche (nuotate in 55.50) colmando l'intero svantaggio. I secondi 100 metri sono stati di pura accademia, con un divario finale di oltre un secondo sulle australiane: 7:46.40 contro 7:47.47. Terze, ad anni luce di distanza, le canadesi in 7:58.03. La frazione “lanciata” della Ledecky, 1:54.36, con ogni probabilità, si attesta nella top 5 delle prestazioni “volanti” di staffetta all-time.
La gara maschile ha mostrato tutte le difficoltà degli Stati Uniti in una staffetta che la compagine americana ha dominato negli ultimi 10 anni, da Atene 2004 in poi.
I problemi fisici di Ryan Lochte, la preparazione da “velocista” di Michael Phelps, il (secondo) ritiro di Ricky Berens sono chiari segni di un declino statunitense nella 4x200 stile libero, che apre scenari molto interessanti. Russia, Cina, Giappone, Francia, Australia e forse Gran Bretagna sono tutti paesi in grado di realizzare tempi inferiori ai 7:05, che è – per l'appunto – il crono con cui, non senza estrema fatica, gli Stati Uniti hanno vinto la staffetta quest'oggi.
Di seguito, i tempi dei frazionisti delle prime tre classificate:
USA 7:05.17: C. Dwyer 1:47.08; M. Phelps 1:46.08; R. Lochte 1:45.57; M. McLean 1:46.44
JPN 7:05.30: K. Hagino 1:46.13; R. Sakata 1:45.78; Y. Kobori 1:46.81; T. Matsuda 1:46.58
AUS 7:08.55: D. McKeon 1:46.85; C. McEvoy 1:48.12; M. Horton 1:47.06; T. Fraser-Holmes 1:46.52