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Nuoto

Yang Sun, il caso non è chiuso

YANG SUN, dopo la sentenza è guerra

La contradditoria decisione del Tas-Cas – squalifica pesantissima ma niente ritiro delle medaglie – ha scatenato la guerra fra due fronti opposti: quello di Sun, i cui avvocati contestano totalmente la sentenza, e quello dei nuotatori che si ritengono danneggiati da Sun. L’Australia è in rivolta contro la FINA.

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Yang Sun, il caso non è chiuso con la squalifica di otto anni inflitta dal Tas-Cas all’asso cinese. La contradditoria sentenza del Tribunale dello Sport di Losanna – squalifica pesantissima ma niente ritiro delle medaglie – ha scatenato la guerra fra i due fronti opposti: quello di Sun, i cui avvocati contestano totalmente la sentenza, e quello dei nuotatori che si ritengono danneggiati da Sun. In realtà la guerra di questi ultimi è diretta principalmente contro la FINA e il CIO, ai quali viene chiesta l’applicazione del principio di retroattività con il conseguente ritiro delle medaglie vinte dal nuotatore ai Mondiali di Gwangju 2019, di Budapest 2017, e alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016.

Particolarmente animoso contro la federazione internazionale è il mondo del nuoto australiano – atleti, tecnici, dirigenti, media e fan - che, spalleggiato dal nuoto statunitense, è compatto nel chiedere che la medaglia d’oro dei 400 metri stile libero di Gwangju sia tolta a Yang Sun e attribuita a Mckenzie Horton. Come è noto il mezzofondista aussie, giunto secondo nella gara, si rifiutò di condividere il podio con il cinese (foto di copertina), da lui ritenuto un baro. Stando così le cose, la richiesta australiana difficilmente potrà essere accolta e il medagliere di quella gara resterà quello che conosciamo, con Gabriele Detti medaglia di bronzo (a destra sul podio).

Altrettanto dicasi per la revisione dell’ordine di arrivo chiesta da Chad Le Clos con riferimento alla gara dei 200 metri stile libero alle Olimpiadi del 2016 dove il sudafricano giunse secondo, dietro a Sun

Paradossalmente lo spiraglio a favore di queste richieste è rappresentato proprio dal ricorso in appello che Yang Sun, attraverso i suoi avvocati, presenterà sicuramente al Tribunale Federale svizzero, una facoltà prevista dall’ordinamento giuridico elvetico.

Per quanto riguarda il possibile giudizio che il Tribunale svizzero andrà a emettere, le ipotesi, meramente teoriche, sono tre: la prima, conferma della sentenza del Tas-Cas, sic et simpliciter; la seconda, riduzione o addirittura cancellazione della squalifica; la terza, conferma della squalifica accompagnata dalla richiesta di ritiro delle medaglie (solo in quest’ultimo caso la FINA, e forse il CIO, sarebbero obbligati a comportarsi di conseguenza).

Yang Sun, 28 anni, intende appellare la sentenza di squalifica per otto anni, emessa venerdì 28 febbraio dal Tas-Cas di Losanna, presso il Tribunale federale svizzero poiché, come ha dichiarato ieri, domenica 1 marzo, Qihuai Zhang, uno dei suoi avvocati, la stessa, “è basata su prove false e menzogne”.

Secondo il South China Morning Post, quotidiano di Hong Kong in lingua inglese, Zhang ha affermato che "il 28 febbraio 2020 è stata una giornata buia perché mostra la scena in cui il male sconfigge la giustizia e il potere sostituisce le verità evidenti. In questo giorno la CAS ha ascoltato i pregiudizi, ha chiuso un occhio su regole e procedure, ha chiuso un occhio su fatti e prove e ha accettato tutte le bugie e le prove false".

Durante l'audizione al Tas-Cas, che si è tenuta in pubblico su richiesta del nuotatore, Yang Sun ha protestato con veemenza la sua innocenza e ha affermato che le credenziali degli ispettori non aderivano alle normative antidoping.

Sotto interrogatorio Sun è apparso evasivo, e ciò ha infastidito il presidente della giuria Franco Frattini.

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