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Se il fatto di batterlo in vasca è stata già una rarità per gli avversari, durante tutta la sua mirabolante carriera, sembra certo che sfidarlo virtualmente abbia lo stesso coefficiente di difficoltà. Ma Michael Phelps (in copertina, foto di G.Scala/ Deepbluemedia.eu/ Insidefoto), rientrato alle competizioni da un anno e mezzo o poco meno, vince ancora come, dove e soprattutto con i tempi che vuole. Anche se si dovesse ingaggiare una sfida “immaginaria”, in giorni diversi e a 10mila chilometri di distanza con i suoi avversari più accreditati. Certo il paragone è azzardato, forse forzato, ma negli ultimi tre giorni impazza tra addetti ai lavori, specialisti, atleti e tifosi ciecamente convinti della loro incrollabile fede nel numero uno di sempre, questo parallelo: Michael Phelps è ancora imbattibile. E il cronometro, a rafforzare la teoria, non mente mai quando lui si mette in competizione.
Estromesso dal Mondiale di Kazan appena conclusosi, per via della seconda bravata per guida in stato di ebbrezza il 30 settembre 2014, il 18 volte oro alle Olimpiadi era stato squalificato dalla sua Federazione con l’aggiunta di una sanzione ulteriore che gli vietava la partecipazione ai Mondiali 2015, seppur al termine dei sei mesi di squalifica. Un’assenza pesante, dopo una decisione giudicata da molti eccessiva andata a punire la sua recidività per l’accaduto dopo la prima volta in cui venne “pizzicato” nel 2004. Ma il “Kid” di Baltimora non si è fermato. E parallelamente alla manifestazione iridata in Russia, ha preso parte agli US Nationals di San Antonio (Texas). I risultati parlano da soli. Nei Campionati statunitensi che termineranno nella notte italiana (già finiti per lui), ha ottenuto tre ori con altrettante prime performance mondiali nell’anno in corso.
Ha iniziato venerdì scorso nei 200 farfalla (1’52’’94), ha proseguito sabato 8 agosto nei 100 farfalla (50’’45) e ha calato il tris ieri, nei 200 misti (1’54’’75). Tempi mostruosi per lo Squalo americano, tempi balzati direttamente in testa ai ranking mondiali dell’anno. In testa? Già. Nonostante dall’altra parte del mondo si stessero disputando i Mondiali – quindi la manifestazione più importante dell’annata natatoria con tutti i rivali al potenziale top della forma – i suoi rivali fregiatisi dei titoli di campioni del mondo 2015 non hanno fatto di meglio.
E, ci fa piacere sottolinearlo, non sono rivali casuali. Il campione dei 200 farfalla, lo spettacoloso, ritrovato e longevo ungherese Laszlo Cseh ha vinto il suo secondo oro in carriera proprio sui 200 farfalla. A Kazan ha toccato la piastra per primo in 1’53’’48, 54 centesimi in più rispetto all’allievo di coach Bob Bowman. L’uomo che forse diede la delusione più cocente al plurimedagliato di Baltimora – nella storia di questo sport è la finale a Londra 2012 dei 200 delfino (foto sopra di G.Scala/ Deepbluemedia.eu/ Insidefoto) - , il sudafricano Chad Le Clos, ha vinto i 100 metri in 50’’56, 11 centesimi oltre quanto ottenuto da Phelps ai Nationals. E poi c’è Ryan Lochte, compagno e rivale di team che gli impose due “storici” argenti – 200 sl e 200 misti ai Mondiali di Shanghai 2011 –, vincitore dei 200 misti iridati in 1’55’’81, Phelps ieri ha risposto facendo meglio di un secondo e sei centesimi transitando al di sotto del limite mondiale fino a tre quarti di gara. Insomma. Si tratta dei primi casi assoluti di Mondiali “simbolici” vinti in una dimensione parallela.
Polemiche e botta e risposta sono rimbalzate tra la Russia e gli Stati Uniti. Così Chad Le Clos dopo la notizia del tempo di Phelps nei 100 farfalla a San Antonio: "Non voglio dire che sia più facile nuotare senza avversari, ma è più complicato quando si ha a fianco un concorrente come me". L'americano, che si era detto in precedenza felice dei “complimenti” ricevuti dal vulcanico papà Le Clos ha precisato – intervenuto sull’argomento in strenua difesa del figlio da Kazan - che avrebbe potuto aggiungere un sacco di cose a riguardo, chiudendo con un “preferisco far parlare la vasca” – a cui ha aggiunto, serrando una polemica intercontinentale: “Sto facendo il lavoro a cui sono abituato, per andare veloci bisogna allenarsi, non è scienza missilistica. Ho appena lasciato parlare i fatti e le verità di questo sport. Così ho sempre fatto e continuerò a fare. So su che cosa dovrò ancora lavorare. Anche se ho 30 anni, il mio corpo non è stanco".
Un dato di fatto c’è. A poco meno di un anno di distanza da Rio de Janeiro 2016, Phelps sembra avere colmato il gap con i rivali. Non lo ha fatto battendoli nella stessa vasca, ma a distanza di migliaia di chilometri. Anche questo significa essere nuotatori unici. Il resto lo vedremo in Brasile.