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Il Panel giudicante della Corte arbitrale dello sport/Tribunale arbitrale dello sport (CAS/TAS) ha inflitto al fuoriclasse cinese Yang SUN (in copertina) la squalifica di 8 anni per doping. Di fatto la sanzione equivale alla radiazione in campo sportivo e all’ergastolo nella vita normale. Si tratta di una delle punizioni più severe inflitta a un super campione dello sport. Ricordiamo che Sun ha vinto 3 ori olimpici - nei 400 e 1500 metri stile libero a Londra 2012, nei 200 stile libero a Rio 2016 - 12 titoli mondiali e una dozzina di altre medaglie tra argenti e bronzi.
La sentenza non è ancora dell’epilogo della lunga vicenda perché il nuotatore, tramite i suoi avvocati, ha preannunciato appello con la speranza di fare emeregere quella verità che, secondo lui, tutti devono sapere.
La sentenza, resa nota tramite un comunicato stampa letto dal segretario generale del Tas-Cas Matthieu Reeb (foto sotto), rappresenta anche un atto di accusa contro la FINA che, per la vicenda iniziata il 4 settembre 2018 con un controllo non annunciato presso l’abitazione del nuotatore, aveva soltanto ammonito l’asso cinese.
In quella data gli ispettori incaricati dalla World Anti Doping Association (WADA), appartenenti alla società svedese IDTM, suonarono alla porta della villa di Sun per eseguire i prelievi rituali, del sangue e delle urine, nella finestra oraria in cui il nuotatore aveva dichiarato la propria disponibilità, e cioè fra le 23 e le 24 di quella sera.
Fra l’entourage di Sun e gli ispettori, alla presenza del medico personale di Sun, il dottor Zhen Ba, egli stesso sanzionato due volte per precedenti violazioni antidoping, ci furono quattro ore di discussione. Il dottor Ba era balzato alla ribalta in occasione dei Mondiali di Kazan 2015 quando, su iniziativa del chairman del Comitato Media della FINA (il sottoscritto), Sun fu obbligato a presentarsi in conferenza stampa per spiegare ai giornalisti il suo forfait dell’ultimo minuto, non annunciato, alla finale dei 1500 metri stile libero (dove avrebbe dovuto occupare la corsia numero quattro) e la sua lite con una nuotatrice brasiliana, Larissa Oliveira, durante una sessione di riscaldamento. Sun si presentò accompagnato dal dottor Ba. Questi agì come interprete, giustificando la sua presenza con il fatto che Sun non conosceva l’inglese. L’ineffabile dottor Ba spiegò la rinuncia del suo pupillo a disputare la finale con ragioni mediche (asma, eccetera), una tesi che non convinse nessuno poiché tutti sapevano che Sun temeva di essere sconfitto da Gregorio Paltrinieri, il quale effettivamente vinse la gara.
Anche allora, a fronte di quella infrazione – la rinuncia andava preannunciata nei modi e nei tempi previsti dai regolamenti della FINA – Sun se la cavò con un buffetto. Per lui la FINA, che da anni ha nelle aziende cinesi i suoi maggiori sponsor, ha sempre avuto un occhio benigno; a nessuno era sfuggito l’abbraccio in camera di chiamata, sotto l’occhio delle telecamere televisive, fra lui e Cornel Marculescu, direttore esecutivo della FINA; un episodio maliziosamente commentato da alcuni cronisti a Kazan.
Comunque, nel corso della discussione Sun e i suoi contestarono agli ispettori la mancanza di un documento di riconoscimento e di una autorizzazione, e la loro legittimazione ad eseguire il controllo. Questo atteggiamento precedette e, secondo Sun, giustificò la distruzione di un contenitore del sangue, preso a martellate da una guardia del corpo su istigazione della mamma di Sun. Per la WADA i documenti degli ispettori IDTM - entità che aveva controllato Sun una sessantina di volte in passato - erano in regola.
A fronte di questa violazione il Panel del TAS-CAS, composto da tre membri e presieduto dal giudice italiano Franco Frattini - magistrato e politico, due volte ministro degli esteri nei governi Berlusconi -, ha accolto all’unanimità la richiesta della WADA di punire il 28enne Sun Yang colpevole di avere ostacolato un controllo antidoping in violazione dell’articolo 2.5 FINA DC - manomissione di qualsiasi parte del test antidoping - e per non essere riuscito a giustificare in modo convincente la distruzione del contenitore per la raccolta dei campioni, con l’aggravante di aver eliminato la possibilità di effettuare il test in momento successivo.
La WADA aveva proposto una pena che andasse da un minimo di 2 a un massimo di 8 anni. Il Tribunale sportivo, considerando la precedente squalifica di doping del 2014 (3 mesi per stimolante trimetazidina) ha considerato Yang Sun recidivo e, dunque, meritevole del massimo della pena. La sua squalifica terminerà nel febbraio 2028.
Con questa sentenza si conclude un processo il cui percorso è stato complesso, anche a causa dei problemi di traduzione dal mandarino all’inglese durante le oltre 10 ore dell’udienza pubblica del 16 novembre 2019, a Montreux.
Tuttavia la conclusione potrebbe non essere definitiva poiché Yang Sun ha facoltà di ricorrere in appello di fronte all’Alta Corte del Tribunale Svizzero. Sun ha detto che lo farà, con queste parole: “Questa è una sentenza ingiusta. Credo fermamente nella mia innocenza. Farò sicuramente appello”. Sun vuole ristabilire agli occhi del mondo la sua credibilità e potere gareggiare a Tokyo.
C’è da dire che la sentenza del TAS-CAS appare contraddittoria: a fronte della severità della pena inflitta, il Tribunale si è mostrato altrimenti morbido, evitando di datare retroattivamente la squalifica e, addirittura, raccomandando che a Sun non vengano tolte le medaglie vinte (ai Mondiali 2019 e a Rio 2016), poiché, sempre secondo il TAS-CAS, non è dimostrato che Sun abbia fatto uso di doping dal settembre 2018.
Contraddittorie sono anche le decisioni delle autorità antidoping nel tempo. Ad esempio, Marion Jones, l'americana stella mondiale dell'atletica, fu squalificata soltanto per due anni dopo avere confessato l'uso di ostanze dopanti prima delle Olimpiadi di Sydney 2000 ma fu obbligata a restituire tutte le medaglie vinte. e subire la cancellazione di tutti i risultati ottenuti da parte della Federazione internazionale di atletica leggera a partire dal primo settembre 2000.
La parte "morbida" della sentenza a carico di Sun è stata duramente contestata da quei nuotatori, come l’australiano Mac Horton o lo scozzese Duncan Scott, che a Gwangju si rifiutarono di salire sul podio con Sun – rispettivamente nei 400 stile libero – dove c’era anche Gabriele Detti – e nei 200 stile libero (in verità Scott salì sul podio ma si rifiutò di stringergli la mano). In quella occasione la FINA ammonì sia Horton sia Scott, non Sun.
Anche il sudafricano Chad Le Clos si è fatto sentire chiedendo a gran voce l’upgrading della medaglia d’argento da lui vinta nei 200 metri stile libero alle spalle di Sun alle Olimpiadi di Rio 2016.
La squalifica di Sun è un duro colpo per lo sport cinese e per i numerosissimi tifosi connazionali dell’asso cinese, autentica star in patria, idolatrato e ricoperto di dollari dalle aziende che lo utilizzano come testimonial per spot pubblicitari, apparizioni televisive, eccetera.
Dalla vicenda non ne esce bene nemmeno la FINA, da sempre tenera con Yang Sun, cui fu consentito di partecipare ai Mondiali di Gwangju poiché il Panel Anti Doping della FINA il 3 gennaio 2019 deliberò di non considerare valido il controllo antidoping della WADA.
Sembra anche come la FINA, tramite i suoi avvocati, abbia cercato di evitare a Sun il processo al TAS, un comportamento sconcertante se vero.
Ai margini di questa vicenda nemmeno il comportamento del CIO è stato irreprensibile. Infatti il Comitato Internazionale Olimpico, con l’approvazione della Commissione Atleti presieduta dall’ex campionessa mondiale e olimpica di dorso Kirsty Coventry, dello Zimbabwe, ha deciso di vietare qualsiasi forma di violazione al protocollo e, conseguentemente, ogni manifestazione di protesta da parte degli atleti in occasione delle premiazioni alle Olimpiadi.
La reazione della FINA alla sentenza si è palesata con il seguente, laconico, comunicato stampa: “La FINA ha preso atto della sentenza pubblicata oggi dalla CAS nel caso del WADA contro il nuotatore cinese Sun Yang. A prescindere da qualsiasi ulteriore azione legale la FINA implementerà la decisione di CAS in merito alle azioni disciplinari contro il nuotatore. La FINA ha inoltre preso atto delle disposizioni della CAS in merito alla modifica dei risultati delle competizioni”.
Questa, invece, la dichiarazione della WADA, tramite il suo direttore generale Olivier Niggli, dopo la sentenza: “L'Agenzia mondiale antidoping (WADA) accoglie con favore la sentenza della Corte Arbitrale dello Sport (CAS) in relazione all'appello della WADA contro la decisione del Panel disciplinare della Federazione internazionale di nuoto (FINA) in relazione a un incidente che ha portato a un controllo antidoping che coinvolge il nuotatore cinese Yang Sun e che non è stato completato come previsto ". “La WADA ha presentato ricorso in base al fatto che Yang Sun ha rifiutato volontariamente di presentare i campioni raccolti secondo le norme del Codice mondiale antidoping e del relativo Standard internazionale per i test e le indagini. La WADA prende atto della sanzione inflitta dalla CAS ed è convinta che la giustizia in questo caso sia stata resa ".
Il comunicato stampa originale del Tas-CAS: https://www.tas-cas.org/fileadmin/user_upload/CAS_Media_Release_6148_decision.pdf