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La prima sezione del Tribunale Nazionale Antidoping (TNA) ha squalificato per 4 anni Filippo Magnini (in copertina nel giorno dell’addio al nuoto agonistico, il 2 dicembre 2017, a Riccione). L'ex capitano della squadra azzurra, ritiratosi dall’agonismo quasi un anno fa, è stato riconosciuto colpevole di aver violato l'articolo 2.2 del codice Wada (uso o tentato uso di sostanze dopanti). Il TNA ha confermato l’impianto accusatorio ma ha inflitto a Magnini, campione del mondo dei 100 metri stile libero a Montreal 2005 e a Melbourne 2007 (a pari merito con il canadese Brent Hayden), una pena dimezzata rispetto alla richiesta del procuratore Pierfilippo Laviani, che aveva chiesto una squalifica di 8 anni. La prima sezione del TNA ha squalificato per 4 anni anche l'altro nuotatore Michele Santucci per la violazione dello stesso articolo del codice Wada.
"È una sentenza che era già scritta e per questo sono incazzato nero", ha detto Magnini. "Il procuratore Laviani mi ha detto al processo, sbattendo i pugni sul tavolo: 'Basta, ormai questa è una questione personale'. Parliamo di un accanimento, di una forzatura. Faremo sicuramente ricorso".
Magnini ha proseguito: "Faccio mia, perché mi ci rivedo molto, una frase molto importante e bella di Cristiano Ronaldo riguardo le accuse di stupro che gli sono state rivolte. Lui ha detto 'Sono un esempio nello sport' e lo sono anche io. Ho una bellissima famiglia e una ragazza che mi segue in tutto e che amo. Non mi faccio toccare minimamente dalle cose ridicole che dice certa gente, di cui non ho alcuna stima".
Magnini, fondatore e attivista del movimento “I’m doping free”, ipotizza che la sua iniziativa “possa aver dato fastidio a qualcuno”.
Magnini è entrato nell’inchiesta a causa dei suoi rapporti con il medico Guido Porcellini, di Pesaro, già condannato in sede sportiva a 30 anni di inibizione per traffico di sostanze dopanti.
La punizione di Magnini, inutile nasconderselo, è uno schiaffo per tutto il movimento del nuoto italiano, di cui Magnini per tanti anni è stato al maschile l’atleta più rappresentativo e vincente, nonché il capitano della squadra nazionale.
Sulla non lieta vicenda, tuttavia lungi dall'essersi conclusa poiché quello di oggi è stato soltanto il giudizio di primo grado, non si può non condividere la cauta ma ferma nota della Federnuoto che “esprime fiducia negli organi preposti a prevenire, combattere e perseguire il doping” ma evidenzia che “il percorso giudiziale che coinvolge Filippo Magnini e Michele Santucci ha espresso solo il primo verdetto e potrebbe proseguire”. Pertanto la Federnuoto “chiede il massimo rispetto nei confronti degli atleti, auspicando che riescano a dimostrare la loro estraneità alla vicenda in ulteriori sedi”. La Federnuoto ricorda altresì “come Magnini sia stato - nel corso della sua straordinaria carriera - un esempio per tutto il movimento, nonché uomo simbolo dello sport italiano e della lotta al doping”. Infine la Federnuoto coglie l’occasione per “ribadire l’impegno per affermare e tutelare lo sport pulito e nel trasmettere i principi di lealtà e probità, condivisione, aggregazione e integrazione nel nostro Paese che conta oltre 5.000.000 di praticanti”.
Foto Andrea Staccioli / Deepbluemedia / Insidefoto