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Michael Phelps di nuovo nei guai con la legge. Ecco cosa rischia il campione Usa e i commenti

Michael Phelps di nuovo nei guai: troppo veloce in vasca. Troppo fragile fuori

Ci risiamo. Michael Phelps è stato arrestato martedì, e poi rilasciato, per guida in stato di ebbrezza oltre i limiti di velocità. A quanto pare, stava rientrando dopo una seduta-fiume al casinò di Baltimora. Ora, il "Kid" - che si è scusato su Twitter - rischia conseguenze pesanti perché recidivo. Ecco alcuni dei pochi commenti giunti sulla vicenda.

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Michael Phelps USA

Mr. Phelps sfrecciava tra le corsie con una velocità superiore ai limiti”: no, questa non è la cronaca di una delle sue 18 vittorie olimpiche, ma il rapporto della polizia. Il “Kid” stavolta non ha vinto nulla, anzi ha perso decisivamente l’ennesima prova al di fuori dalle piscine. Infatti, come abbondantemente riportato dai media sportivi e non, di tutto il globo, Michael Phelps (Photo G.Scala/Deepbluemedia.eu/Insidefotoè caduto di nuovo in trappola. Il 29enne, rientrato da pochi mesi all’agonismo, inciampa nuovamente sulla sua vecchia tagliola. Ieri (martedì), una pattuglia della polizia stradale dello Stato del Maryland l’ha fermato sull’Interstate 95 di Baltimora, dopo una segnalazione giunta ai radar degli agenti all’1:40 di notte: col suo Land Rover bianco viaggiava a 84 miglia orarie  - circa 140 km/h - (in una zona dove il limite massimo di velocità e di 45 mph) lungo il tunnel di Fort McHenry. E, secondo le ultime indiscrezioni dai media Usa, era sulla via del ritorno dopo una seduta di 8 ore passata al casinò. Ma l’ aggravante è che, a seguito del fermo del veicolo e del controllo d’identità, lo statunitense non ha superato i controlli effettuati con l’ausilio dell’alcoltest. L’imputazione è grave: guida in stato di ebbrezza e ben oltre i limiti di velocità, reati che gli sono costati l’arresto e dopo un paio d’ore rilasciato in attesa del processo. Un dejà vu che riporta alla mente la prima “bravata” del nuotatore più forte di tutti i tempi. Nel 2004, fresco vincitore dei suoi primi sei ori olimpici ad Atene. Allora fu condannato a 18 mesi in regime di libertà vigilata. Poté continuare a nuotare senza problemi, proseguendo la sua pluridecorata carriera. In mezzo, un altro guaio, quando nel 2009 fu “pizzicato” da una foto galeotta durante un party universitario a fumare marijuana da un bong. Allora la Federazione statunitense lo sospese per 3 mesi, evitandogli così i controlli antidoping. Oggi, il nuovo problema con l’alcool e la guida, potrebbe costargli ben più caro. Da una parte c’è la recidività di Phelps al reato. Per ora, le accuse devono essere presentate in tribunale, ma l’infrazione – ripetuta – potrebbe costargli fino a un anno di carcere, vista anche la severità della legge del Maryland riguardo alla guida in stato di ebbrezza.

Sui possibili danni “collaterali”, c’è da considerare come il nuovo problema con la legge possa influire negativamente sul ruolo di “pitchman” – o testimonial commerciale – di Phelps e sui suoi numerosi e milionari contratti di sponsorizzazione con marchi come Under Armour, Subway, Visa e Aqua Sphere . Il network americano NBC ha provato a chiedere un commento a cinque società che hanno sotto contratto l’atleta più vincente nella storia del nuoto. Nessuna risposta, per ora. Anche se l’amatissimo sportivo statunitense difficilmente perderà il suo ruolo di personaggio-immagine.

Pochissimi, per ora, i commenti sulla faccenda arrivati dall’entourage più vicino a Phelps. Silenzio dal suo agente, Drew Johnson, così come da parte del suo storico e ritrovato dallo scorso anno coach, Bob Bowman.

Freddo il comunicato di Usa Swimming: “Le notizie riguardanti Michael Phelps e le sue azioni sono deludenti e senza dubbio gravi. Ci aspettiamo che i nostri atleti si comportino responsabilmente dentro e fuori dalla piscina”. Per ora, non ci sono notizie di possibili provvedimenti disciplinari da parte della Federazione.

Una reazione a metà strada tra il deluso, l’ironico e il paternalistico, è il “richiamo” giunto dalle dichiarazioni del compagno di team nella Nazionale Usa, nonché grande rivale Ryan Lochte. “Non sono preoccupato – ha detto al network Usa TMZ Sports – ha compiuto solo decisioni stupide. Ha così tanti soldi da poter assumere un autista, anche io ce l’ho. Ma diventerà più intelligente dopo ciò. Per fortuna non ha fatto male se stesso e a qualcun altro”.

Così ha poi commentato su Twitter lo stesso Phelps: ”Capisco la gravità delle mie azioni e me ne assumo la piena responsabilità – ha scritto il campione Usa sul popolare social network - so che le mie parole non significano molto in questo momento, ma sono profondamente dispiaciuto per tutti quelli che ho deluso”. In sostanza, è ciò che disse sia nel 2004 sia nel 2009, quando gli avvenimenti fuori dalla sua straordinaria carriera da atleta lo fecero balzare alle cronache di tutt’altro genere. Michael Phelps stavolta rischia di più. Niente a che vedere con i possibili pericoli di figuracce dopo il ritorno all’agonismo dopo un anno e mezzo – tra i Giochi Olimpici di Londra 2012 e fine 2013 - di stop. In quel frangente è ritornato alla vita “normale”, tra golf, tornei di poker e altri svaghi normali per un (ex) campione del suo calibro. Il ritorno in piscina aveva acceso l’entusiasmo degli Stati Uniti e anche il suo: tra Irvine (agli US Nationals, dove ha stampato il primo crono stagionale mondiale nei 100 farfalla riguadagnandosi subito la cuffia a stelle e strisce) e i Giochi Pan Pacifici 2014, nei quali aveva collezionato ben tre ori e due argenti. Un percorso che nel 2015 lo avrebbe visto al top per i Mondiali di Kazan, con vista ben più ambiziosa verso i Giochi Olimpici di Rio 2016. Sembrava essere tornato, il vero “Kid”. Ma la sua fama è così inscindibile da quella ben diversa di “Bad Kid”?

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